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QUESTO MIO CUORE

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“Che succede, nonno? Perché piangi?”.
“Non mi ricordo più dove abito”.
“Ma và, và. Adesso ci mettiamo tranquilli e troviamo dove abiti, va bene?”.
“Ma te sei quello del calcio? Quello della Buonanotte? Ma dove sei finito?”.
“Sai nonno che certe cose non me le ricordo nemmeno io?”.

Sant’Egidio non è Bruxelles. Non è Roma. Non è Cesena. Sant’Egidio non è nemmeno il Granducato di Case Frini. Sant’Egidio è una succursale delle Vigne, costruita su terreni coltivabili di un pugno di proprietari terrieri che poi si sono fatti costruire strade e servizi dal Comune di Cesena. Sant’Egidio è meno che un quartiere e più di un vicinato. A Sant’Egidio di notte senti amplificato come se fosse sotto casa tua il karaoke notturno del Megusta, là dalle concessionarie. A Sant’Egidio c’è il figlio della sarta che torna a casa cantando al mattino, brillo… gli dici che hai sonno, dall’altra parte della strada e lui si scusa pure. E ti dice che ha bevuto un po’ ma che è contento. E tu gli vorresti dire che hai bevuto anche tu, ma che non sei contento niente niente, ma fare terapia quando lui ha ancora una Moretti da .66 in mano non è proprio l’ideale.

Non si decide il destino del mondo, a Sant’Egidio. Non esplodono bombe. Non ci sono camion che passano sulla folla. No.
A Sant’Egidio un nonno si perde, tu lo aiuti a ritrovare la strada, e lui ti fa pure la pugnetta che non scrivi più. Non passano camion, quindi tocca portarlo a casa. Incontro sua figlia… Dice che scappa sempre, abita poco lontano. È un camminatore, non vuol fermarsi. Non sembra riconoscermi, quando si allontana.

È Sant’Egidio, me ne rendo conto.
Lei è a Bruxelles a fare cose meravigliose, io raccatto vecchi tifosi del Cesena per strada perché chi li bada non chiude il cancello.
A Nizza uno stordito gioca a Carmaggedon in versione inshallah, qui tolgono i lecci davanti alle biblioteche.
In Europa si corre il rischio, ogni istante, di una deriva fascistoide del tessuto sociale di maggioranza, e a Cesena si fa muro contro muro tra ragazzi per un tizio che legge Manzoni.

Sono miserie diverse, lo so.
Ma sono anche nobiltà diverse.
E lo capisco che dovrei provare cordoglio per tutti i morti di tutte le stragi. Di tutto il mondo.
Ma non ci riesco.
Questo mio cuore è troppo piccolo per sentire tutto.
Questi miei occhi sono troppo distratti per vedere tutto.
Questo mio fegato è troppo gonfio per stare in mezzo a tutto.
Lascio il mondo intero a chi ha scelto di difenderlo. Di combatterlo. Di governarlo. Di salvarlo.
Lascio il mondo intero agli altri e mi tengo Sant’Egidio. E i nonni che si perdono in via Madonna dello Schioppo.
Lo so, è poco. Ma questo è quello che riesco a fare.
Mi posso curare solo di poche cose alla volta. Troppo poche. Ma lo faccio fino in fondo. Sempre.

Sarei una persona più bella se potessi commuovermi per i più di 300 a Baghdad la scorsa settimana. Sarei incredibilmente social se manifestassi il dolore per quello che è successo ieri a Nizza.
Ma la verità è che non sono una bella persona. La verità è che non posso farmi investire da quello che è diventato new normal.
La verità è che qualcuno deve guardare anche in mezzo a via Madonna dello Schioppo, mentre tutti gli altri piangono per il mondo.
Io posso fare la differenza solo in via Madonna dello Schioppo. Non sono buono a fare altro. A volte mi sento un pezzo di merda inetto, è vero.
Lo so da solo. Non c’è bisogno di leggerlo il giorno dopo ogni strage. “Ai morti in °paese a caso parecchio lontano dall’Italia° non ci avete pensato l’altro giorno: ipocriti”.

Io non lo so se sono ipocrita.
So che certe volte non sono proprio in grado di affrontare il male. E piuttosto ci faccio un commento cinico sopra.
Devo pur difendermi anche io dal male…
Questo mio cuore è troppo piccolo anche per quello, forse.

© Gian Piero Travini

La foto è un estratto di un lavoro di Francesco Menicucci, un caro amico che scatta a Milano

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IL PAVONE REALE

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64 Slices Of American Cheese | Il Pavone Reale
Go Down Records/Goodfellas, 2016

#inunaparola: Polymoogoso

Io non so cosa succede mentre ascolto questo album, ma so che attorno a 2.32 di Theo Dei 64
… no. Dall’inizio.
Il nuovo dei 64 Slices Of American Cheese da Cesena, che da ora in poi chiamerò 64SOAC, parte con 1’55” di saw. Non l’Enigmista. No. Di onda a dente di sega. Come se fosse la Sigla di OK. Non Computer, ma Il Prezzo È Giusto. Insomma, per una volta non sono soldi buttati nel cesso. I vostri: l’ultimo CD che ho comprato inedito è stato ‘The Power To Believe’ dei King Crimson.Senza titolo-2.jpg

Il Pavone Reale. Non so perché. Non credo di volerlo chiedere a Filippo Bianchi. Non vorrei che poi volesse comprarmi la mia Parker. E poi la rivendesse su Mercatino Musicale punto com. Non vorrei.
Ma. Glielo chiedo. Dice che me lo vuole dire di persona sabato al Sidro. Perché sabato suonano al Sidro. Sabato. Al Sidro. Poi mi viene incontro pietoso perché sa che il sabato io vivo solo per il Cesena e le conseguenze del Cesena nella mia vita e mi manda questa foto qua a fianco. “Questo è il pavone reale” mi dice. Intanto il Cesena ha perso contro il Lanciano. E penso alle mie conseguenze nella vita e alle sue. E improvvisamente mi sento meno solo.

Ricordo ‘S/t’, il loro precedente e primo album. Non chiedete quando è uscito: cercatelo, fate il conto degli anni e poi chiedetevi perché io mi senta schifosamente vecchio.

Hanno messo Piedons Mmmigo dove riprendono la vena folk romagnola – prego, inserire solito riferimento qualsiasi ai Mazapegul –  alla 3 (per la 2 bisogna aspettare la fine della rece), ma poi hanno sovrastato il tutto con distorsioni e sinth tamarro, zittendo tutto con finale da balera triste clarinettato, di quelli che nemmeno la cinquantenne imparruccata del Kursaal Lido te la dà, e poi parte New York New York. Ah, a proposito di tamarri… in ‘S/t’ si chiamavano The 64SOAC… con la “The”. Loro fanno finta che uno non se ne ricordi di quanto erano sfigatissimi con la “The”, ma io ricordo. Thericordo. Thegiornalista.

Poi c’è Balboa, che è un riassunto dell’album, e una tipica canzone alla 64SOAC, senza “The”: dentro ci trovi tutte le loro anime, anche quella indie, che per dieci-venti secondi mi fa venir voglia di darmi fuoco all’anima, ma attorno ai 2’58” si trasformano nei primissimi Mars Volta per circa mezzo minuto ed ecco che mi chiedo che cosa succederebbe se facessero solo musica così prima di depredare nuovamente la noia dei Mogwai. Che è chiaro che lo fanno anche per le fighe depresse, ma anche no, su.

La 5 è l’omaggio ai Calibro 35 che non manca mai: L’Oliva Taggiasca, che non è il pezzo più brillanti della cosa, ma sicuramente è quello che piacerà di più. La spiegazione è la subordinata della frase precedente. Poi improvvisamente ho una allucinazione retroattiva. Ritorno attorno al 20” della canzone. Star Wars – Main Title di John Williams che chiude in minore. Nerd scoppiati…

Olimpiadi è quella veloce con il richiamino oldie e il finale alla Morphine tanto che pure all’inizio di Oooh Gradari gioca a far finta di essere Dana Colley col sax, con risultati sorprendenti.

Con Terminator si ritorna al post rock, con la own version del tema del film di James Cameron: qui io ho poco da dire, se non che se avessero cassato tutti i primi 4′ di canzone avrebbero cavato fuori con quel giro di arpeggiatore in valzerino veloce un vero gioiellino, con richiamo finale al sequel, tanto per non perdere il contatto con la passione per le colonne sonore.

Sigla, ancora, è la degna chiosa di un album assurdo per i suoni e le strumentazioni utilizzate, che suona inizialmente come se fosse un sogno bagnato dei Van Halen, passa per le buratelle romagnole e punta hard un po’ quanto pare a lui, con spruzzate di canadese depresso che sennò mica ce li vogliono al Bronson o giù di lì.

E si torna alla 2. Theo Dei 64. Parte che sembra una roba da Zen Circus, ma c’è tutto quel polymoog che è praticamente una barzelletta… una barzelletta di quelle raccontate tutti insieme, in compagnia, mentre si cresce e si cerca di non perdersi di vista. Ma questo succede. E mentre la batteria dietro continua più indiependente che mai, a 2’08” Bianchi compie il miracolo e azzecca il miglior bridge di chitarra che io abbia mai sentito tra Cesena e dintorni, che mi riporta ai film di John Hughes, ai miei anni ’90 che però erano molto so 80’s… con i Goonies, con i film di Matthew Broderick, con Stand By Me – Ricordo Di Un’Estate… con qualcosa che non ritornerà più e che mi fa scendere una lacrima nostaglica che capita solo con Kappler degli Offlaga Disco Pax. Theo Dei 64 parla di Commodore mentre LOADING e aspettiamo di poter scrivere RUN, parla di quello che ho vissuto quando le cose erano molto più semplici, di quando mi sentivo protetto, di quando essere solo non importava perché avevo tutti i Fantastici 4 di Byrne da scoprire. Theo Dei 64 è la canzone di un’infanzia che era mia solo perché mio fratello maggiore che la pilotava con Ladyhawke. E a 2’32” posso anche provare a trattenermi ma non ce la faccio, perché il muro che è riuscito a costruire sotto, semplice ed armonico mi travolge completamente.
E prego che sia così ogni volta che la ascolterò.

Ho receraccontato Il Pavone Reale, dei 64 Slices Of American Cheese.

© Gian Piero Travini

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ROCKESTRA IN’ 1000

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Orchestra di 1000 elementi all’Orogel Stadium-Dino Manuzzi e band disposte a suonare con loro: la serata di musica perfetta a Cesena, impossibile da concepire fino allo scorso novembre sta per arrivare in città, il prossimo luglio.
Ovviamente opera di Fabio Zaffagnini e del suo staff di Rockin’ 1000: quello del front office e quello del back office.

FULL ROCK ALCHEMIST
Fabio Zaffagnini è il nuovo alchimista: la pietra filosofale del Rockin’ 1000 trasforma in oro tutto ciò che tocca. Talk da 30 dollari a seat in Usa, interventi da 100 euro a poltroncina in Italia, fisso ai TEDx, un algoritmo su YouTube che a quasi 30 milioni di visualizzazioni dovrebbe restituire circa 210mila euro lordi di ritorno pubblicitario – grosso modo 7 euro ogni 1000 visualizzazioni –… riesce pure a farsi dare l’Orogel Stadium-Dino Manuzzi per organizzare un evento musicale.
‘Fabiulos’ quando lo scorso luglio ha finalizzato con il Rockin’1000 al Parco Ippodromo il lavoro di un anno di public relations tra Milano e Roma, implementandolo poi con la comunicazione online densa di romanticismo, colpendo la band giusta e ‘forzandola’ nella maniera più immediata ad esporsi, riportando dopo anni i Foo Fighters a Cesena, ha compiuto l’impresa. Dando forse nuova linfa allo spirito musicale di una città che da troppi anni viene snobbata dalle rockstar, vincolata da concerti più per la terza età che per altri.

Che poteva essere molto, molto più grande se tutto fosse andato come voleva: megatendone con quattro palchi all’Ippodromo e i Foos in concerto con i 1000 – magari in formazione ridotta a 500 o 250 –, organizzazione interamente adSenza titolo-1 appannaggio dei ‘millini’ e autoproduzione, 130mila euro di budget per l’operazione… insomma, aggiungere al capolavoro di comunicazione un capolavoro di produzione. Purtroppo serviva un terzo capolavoro, questa volta diplomatico, con il management di Live Nation che non è andato a buon fine, ma tanta roba comunque.
Quello che è importante di ciò che non è riuscito è il concept: i 1000 che suonano con la band invitata. Da questa idea, per nulla accantonata, nasce il ‘nuovo’ Rockin’1000.

ALLA BATTAGLIA!
Le forze messe in campo da Zaffagnini sono ben definite. Alle spalle ha l’organizzazione del Teatro Verdi, pronta a supportare anche tecnicamente la riuscita dell’evento, tanto che qualcuno si sarebbe lamentato con più entità ed enti del fatto che lo scorso novembre Live Nation avesse chiamato Libero Cola per organizzare il live del Carisport. A loro si deve aggiungere lo staff Rockin’1000, con in testa Valentina Balzani, braccio destro di Francesca Amadori: loro sono stati la vera arma in più per Fabio durante il passato autunno. Ultimo acquisto della passata stagione Mariagrazia Canu, ex addetto stampa del Robot Bologna, passata relativamente indenne dalla tempesta finanziaria che ha investito l’organizzazione del festival di musica elettronica bolonneise, quelli dei 10 euro a giornalista per ottenere l’accredito stampa… a volte, il karma…
Per la produzione dovrebbe essere riconfermato Andrea Pontiroli di Santeria-Magnolia Milano, un altro che ha creato dal nulla un evento come Milano Libera Tutti e che gestisce pure Godzillamarket, booking con qualche ‘nome’ serio tipo Ministri, Le Luci Della Centrale Elettrica e Mondomarcio.
Il backoffice è composto dai finanziatori che hanno creduto subito in Fabio, sia locali – entourage del Teatro Verdi in testa con Rossi-Comandini-Di Placido, e non è un caso se il chief della parte suoni di Rockin’1000 sia Cisko Ridolfini, ingegnere del suono al ‘Teatrone’ –, Romagna Iniziative e Comune di Cesena, piaccia o meno ai detrattori delle iniziative culturali; sia nazionali, con Heineken in testa da subito… e difficilmente per questa iniziativa mancherà Red Bull: Zaffagnini potrebbe essere una possibile testa di ponte per sbarcare in Usa con il settore organizzazione eventi e andare a fare concorrenza ai brand paralleli Budweiser e Monster.

FABIO ZAFFAGNINI, IL DREAMMAKER
Il mezzo-passo falso mediatico della cover di Saint Cecilia dei Foos in risposta alla frase di Chris Martin sulla morte del rock  va archiviato: sia chiaro che la riposta per certificare lo stato in vita del rock non può essere una cover messa su YouTube tipo • S I S T I A N A • oppure AppleLets o altri vlogger musicali, e le 80mila visualizzazioni in due mesi non mentono: pochine.

Si parlava qualche tempo fa di un Rockin’ 2000 puntando su a richiamare un’altra band spesso pronta ad operazioni simpatia avendo un frontman che si è costruito l’immagine di saggio guru easygoing coccoloso: Eddie Vedder dei Pearl Jam, altro idolo alla Dave Grohl col dono dell’ubiquità, in bilico tra santità e paraculaggine.
Poi più volte Fabio ha sognato l’America, e allora Rockin’ 10000 avrebbe ottenuto un riscontro ancora più grande della scorsa stagione. E Fabio il pallino del diventare promoter in maniera non convenzionale lo ha sempre avuto sin dai tempi di Fabiulosoentertainment, quando nel 2008 provava a portare in giro per concerti chi non trovava compagnia per andarci. E nell’epoca del click basta un video ben fatto e un investimento solido alle spalle per mettere in moto il consenso e la macchina del mercato: i sogni si realizzano se ci si crede e se ci si fa credere. E a Cesena di credito ce n’è parecchio, anche per pensare l’impensabile. E per potersi rinnovare, cosa non da poco.
Perché se di fatto il progetto alle spalle di Fabio era quello di creare uno staff di persone in grado di creare eventi di qualsiasi tipo a Cesena– esempio il TEDx al Verdi del 9 aprile prossimo –, quello di Fabio è di inserirsi nell’unico mercato rockin1000-foo-fighters copiadell’entertainment veramente redditizio, quello del live, saltando la gavetta del concertino nel locale e passando direttamente tra i pro. Come effettivamente è riuscito a fare con appena un anno di pierraggio e l’organizzazione di un concerto per una cover band, completamente gratuito, con soldi in fin dei conti nemmeno suoi, regalando un sogno da lui stesso costruito.
Fabio Zaffagnini, il dreammaker.

1000+BAND… TOCCA AI NEGRITA?
E allora non dovrebbe essere casuale l’incontro che Fabio avrebbe tenuto lunedì 29 febbraio scorso al Vidia Rock Club prima della seconda data sold out dei Negrita nel locale di San Vittore di Cesena. Assieme ai vertici Heineken, supporter della band toscana ma romagnola per ben più che motivi di ‘adozione’ artistica, Pau e company hanno ascoltato le idee di ‘NegritaFabulos’ in merito al suo nuovo Rockin’ 1000 con un certo entusiasmo: la band non ha mai nascosto la passione per il grunge e la costola rock successiva e il parallelo con
i Foo Fighters – sia chiaro, mi sanguinano gli occhi a leggerlo mentre lo sto scrivendo – in salsa italiana potrebbe pure reggere. Che siano loro la band che suonerà con l’orchestra dei 1000?
Da capire se sarà ancora Sabiu a dirigerli, da capire quante saranno le band coinvolte. Un suggerimento: se tra le band ci fossero anche i Lennon Kelly – per fare un nome locale con respiro internazionale e una certa fama nella Penisola –, male non farebbe allo spirito d’aggregazione della comunità. Tra l’altro i ragazzacci han pure suonato al Knust di Hamburg per il gemellaggio tra tifoseria del St. Pauli e del Celtic, quindi sono abituati alle venue ‘calcistiche’.

MICA FACILE ALLO STADIO. MICA FACILE PER GLI ALTRI
Lo stadio di Cesena è stato sistematicamente aggiornato e concepito nel corso del tempo per scoraggiare eventi musicali, nonostante un’acustica altamente performizzante che lo inserisce nella top three di possibili date zero di artisti come Vasco Rossi e Ligabue. La natura tecnica dell’impianto non offre grossi margini per il trasporto delle impalcature all’interno, facendo levitare i costi di organizzazione a livelli inimmaginabili per la portata di pubblico, che si aggira attorno ai 23mila spettatori. Quindi stiamo parlando di un evento ancora più complesso di quanto già non sarebbe in condizioni normali. L’ultima volta fu a fine settembre del 2009, Gianna Nannini in chiusura della megaconvention dell’Unipol. Il fondo del ‘Manuzzi’ poi, in sintetico, non aiuta.
Se la prima operazione Rockin’ 1000 era puntata sul richiamo dei social e sulla viralità – specialità del Fabuloso di Fusignano –, qua si tratta di un’operazione di mera organizzazione e produzione, campo su cui non c’è stato un vero test. E se c’è stato, ha mostrato essere un’incrinatura più che un punto di forza.
Insomma, il Comune è stato molto chiaro nel supportare anche questa volta Fabio, come anticipato da Iacopo Baiardi del Corriere Romagna martedì scorso, mostrando lungimiranza e coraggio notevoli, ma le tempistiche, come da tradizione, sono strette, e serve l’investimento della città intera. Ovviamente non scordandosi che a parte il richiamo che ormai il nome del brand porta online per Cesena, ci sono altre realtà musicali che fanno grande la nostra città, a partire da acieloaperto.
Realtà di cui non bisogna scordarsi mai. Nemmeno a fronte di 1000 musicisti, diverse band e una venue da 23mila persone. Realtà che con anni di gavetta alle spalle hanno portato anche 100mila persone in due giorni a settembre 2010 per il Woodstock 5 Stelle al Parco Ippodromo, dove peraltro potrebbe essere interessante spostare nuovamente la manifestazione, un po’ come un anno fa, che sarebbe una suggestione romantica, una possibilità di mettere ancora più persone, per un compleanno da favola. O all’Ippodromo direttamente, che poteva essere la sede adatta a novembre già per il concerto dei Foos, almeno nella vision di Zaffagnini.
Ma se fosse lo stadio, chissà che non si possa fare il nuovo Rockin’ 1000 in concomitanza con il Picnic Bianconero
Stadio_Manuzzi_Cesena_2004

© Gian Piero Travini

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IL CALCIO AI TEMPI DI CASADEI PARLANTI

Casadei ParlantiSPINNING AL SANATORIO
Da San Piero in Bagno ad Alfero saranno venticinque minuti di macchina e un paio di tornanti notevoli. Lungo il tragitto vien voglia di fermarsi al lago di Acquapartita: pesca alla mosca, sacra pazienza da cesena_acquapartita_thumb400x275spinning guardando l’ex sanatorio, ora famoso ritiro dell’Ac Cesena, che si staglia poco lontano – ora dismesso, ma una volta fiore all’occhiello della vallata –, e ci si può portare a casa anche una cinquantina di trote.lago-acquapartita
“E invece oggi c’è la sfida contro la prima in classifica, la Polisportiva Sala – spiega Mirco Casadei Parlanti –. È sabato pomeriggio e se vinciamo andiamo a quattro punti da loro, con una partita in meno: con questa noi dell’Alfero ci giochiamo il campionato”.

Lo scorso Natale Mirco ha compiuto 53 anni: per l’età che ha dovrebbe darsi all’ittica, e invece gioca al pallone dal 1972: continua a macinare chilometri su e giù per le colline che anche la Toscana zona Fiesole ci invidia, divorato dalla passione. Il 5 dicembre scorso ha segnato sul campo riminese del Junior Coriano – in Terza categoria – il suo 600esimo gol: chiamarsi bomber con evidenti meriti sportivi e raggiungere lo storico traguardo proprio sotto la parrocchia dei primi calci, lui che viene da Rimini e ora vive sull’Appennino romagnolo.

IO SONO LEGGENDA
È la Leggenda. Sta tra Gerd Müller e Ferenc Deák per numero di reti segnate, e in Romagna ha lasciato il segno più di Dario Hubner o Walter Schachner col Cesena e Adrian Ricchiuti col Rimini messi assieme.

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Tutti i cronisti sportivi locali conoscono la sua storia, tutti gli arbitri sanno che dovranno guardare la linea di porta quando il pallone lo ha lui tra i piedi. Tutti i portieri che lo incontrano… eh, loro sì che vorrebbero essere a pescare ad Acquapartita, piuttosto. “Non so se sono quello che ha segnato più di tutti in Italia, ma è andata comunque bene. Ho un quaderno dove tengo segnati tutti i gol… ogni tanto me li ripasso. Così, perché e magari studio imparo meglio: mi aiuta a crederci ancora”. Professioni di fede con bibbie compilate a colpi di Bic. Corani rilegati con carta profana, dove saltano per aria solo gli stinchi e si sognano paradisi con al massimo un paio di cubiste del Cocco. I sette libri di un Kamasutra del piacere dove le palle in gioco sono ben altre, ma fanno comunque urlare.Lo chiamano ‘Rella’: “Avevo appena iniziato a giocare: stavo in porta, te pensa. Il resto lasciamo perdere, ma non finì bene, perché me la facevo sotto”. Lo spostano in attacco, e la colite passa alle retroguardie avversarie: parte col Colonnella in Prima Categoria – sempre nel riminese – e ne segna venti a stagione. Le mamme argentine dopo l’82 dicevano ai loro gauchitos turbolenti: “Fai il bravo, altrimenti arriva Claudio Gentile”. I babbi riminesi dopo l’84 dicevano ai loro bimbi pestiferi: “Fai il bravo, altrimenti arriva Casadei Parlanti”, ormai entrato negli incubi della tradizione di Romagna assieme al mazapegùl e a Igor Campedelli.

PRO… E CONTRO
Si consacra nei campionati nazionali alla Sampierana e arriva la chiamata, a 29 anni, nei pro: in C2 Vittorio VITTORIOSpimi, trainer del Rimini, ha bisogno di un attaccante in più e vuole Mirco. Spimi è un signore serio, quasi schivo, l’esatto opposto di Casadei Parlanti… la miscela funziona: addirittura il ragazzo va in gol allo scadere di Rimini-Cecina, 3-0. E la settimana dopo è determinante a Lanciano, dove i biancorossi vincono 1-2 con un suo gol decisivo. Potrebbe essere la sua svolta, ma alla fine il Rimini è quarto e, dopo quindici presenze, ritorna nel limbo interregionale. Per fortuna… Per fortuna di chi crede in un calcio fatto di difesa a zolla, di folk rural-parrocchiale e di bolge infernali tipo il ‘Brusati’ di Santa Sofia, dove volan bestemmie, menischi e pure pietre la domenica mattina se la giacchetta nera di turno non si mantiene abbastanza umile.
Quelli che… il calcio minore andava avanti a Casadei Parlanti, Diana rosse e long island la sera prima al Thai, e noi, sbarbi che facevamo i tabellini la domenica pomeriggio si guardava subito la Promozione per vedere non se aveva segnato, ma quanti ne avevamo fatti.

Ritorna sui campi al limite del praticabili, le ‘schiena di buratello’ della Romagna: anni di gol a Castel San Pietro, a Bagno di Romagna e il ritorno a casa, col Perticara. E poi Alfero. Sente gli acciacchi, ma non molla: “Vediamo a fine stagione: siamo alla quindicesima giornata e sono a quota sei, e non ho intenzione di mollare”.SCRITTA
“Ora è più facile emergere dalle categorie minori – continua –, perché è cambiato il calcio. Vado a vedere l’Eccellenza e non c’è differenza tra uno che gioca bene lì e uno che gioca in Lega Pro. È una questione di fisico, di atletismo: è il ritmo che fa la differenza, ora. Io andando in C2 mi sono perso forse quattro o cinque anni di serie D, perché ho perso il giro”. Sale l’orgoglio del bomber di razza, anche se in periferia: “Non avevo nessuno che mi sostenesse, a quei tempi, e me la sono giocata male… ma non sono mai sceso dalla doppia cifra, dopo. Tranne che l’anno scorso: fuori cinque mesi per un’ernia”. Che è forse il primo infortunio serio che abbia mai avuto in tutta la sua vita: ma prima o poi il limite umano doveva saltar fuori.

LA COSTRUZIONE DEL TEMPO
Col Sala è sconfitta per 0-3. È una gara stronza, di quelle da ansia da prestazione, , dieci punti separano il suo Alfero al terzo posto e lui rimane inchiodato a quota seicento: il campionato di ‘Rella’ è lungo, e ad arrivare ancora una volta in doppia cifra si fa sempre in tempo.
E di tempo Casadei Parlanti ne ha.
“Passa per tutti, ma sta a noi trovarne sempre di più – la lezione del bomber . Non siamo infiniti, so che a un certo punto si romperà la magia. Mi fermerò sempre di più in panchina, dovrò darmi un po’ di tregua, farò spazio ai giovani. Poi inizia tutto quando faccio la borsa. Non ci metto solo la divisa o le scarpe, ci metto dentro anche tutti i miei anni, le mie esperienze. Ci faccio un viaggio. Mi godo il panorama… respiro la Romagna e le sue colline… i suoi colori: cerco di far sì che ogni momento sia di quelli che vorrei rivivere continuamente. Arrivo al campo e tiro fuori dalla borsa solo quello che mi serve: anche gli anni, uso solo quelli che mi servono, senza esagerare ma ricordandomi che ci sono anche delle responsabilità. E anche quei momenti li vivo a pieno. Poi la gara, ma lì è facile. Ecco, credo che il trucco sia questo: più vivi dentro, più ti lasci coinvolgere, più vuoi continuare a farlo.
Storie di un minuto, senza bisogno della PFM.
Quelle di Mirco sono senza pretese, con ruspante follia da patàca, con una certa lucidità che solo pochi fuoriclasse hanno: che nulla ha fine, fino a che non finisce.
Che nulla è impossibile, fino a che

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© Gian Piero Travini

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