“ … tanto tempo fa, in una Romagna lontana lontana… ”
Il concetto di Brand Romagna ha la stessa volatilità del concetto di Wellness Valley. O viene tenuto alto, oppure si sgonfia e rimane solo nella mente di chi lo ha concepito.
Questo non per sua natura ‘debole’, ma per la particolare forma che in Romagna queste idee hanno preso. Perché come Wellness Valley non è un ente fisico, non è un luogo che si vede, bisogna iniziare anche sul Brand Romagna a ragionare in termini di approccio, di esperienza di vita. Di sensazioni. Anche perché c’è chi si emoziona guardando il cartello che annuncia la valle del benessere al casello dell’autostrada come la sorridente influencer Maria Vicini, mentre magari mio fratello si domanda se i cipressi della Technogym siano finti.
Quanto a me, guardo la mia città dall’alto del Monte, chiacchierando di tango con strane e diafane creature musicali, e quando vedo lo stabilimento di Technogym nel mezzo della campagna di Romagna capisco che si debba prendere molto seriamente un’idea per trasformarla in posti di lavoro e indotto, altrimenti si rischia solo di snaturare ciò che siamo.
Prima che lo chiediate: il Brand Romagna deve passare necessariamente da Technogym perché Technogym è Romagna. Come deve passare da Orogel, da Confcommercio, da Fiera, dalle nostre amministrazioni.
E da noi stessi.
MAIEUTICA DI ROMAGNA
Una volta andava di moda far figli. Ora va di moda comprarli all’estero, tipo duty free in aeroporto. Come le idee, a ben pensarci.
C’è bisogno di aiuto nel primo caso, c’è bisogno di aiuto anche nel secondo. Serve qualcuno che aiuti a far nascere un’idea, a svilupparla, magari partendo da concetti anche divertenti o goliardici come la moda Centoxcento Romagnolo di Marco Bianchi per creare qualcosa di più grande.
Per il Brand Romagna parte tutto da Annalisa Raduano.
Annalisa Raduano è il vicepresidente vicario della Camera di Commercio di Forlì-Cesena. E la fortuna è tutta della Camera di Commercio, perché Raduano è un osso duro. È una romagnola, come non se ne incontrano spesso nate dopo il ’70. Vuole sempre aver ragione lei, non ti lascia mai l’ultima parola, se non le va bene qualcosa ti lascia lì e si arrangia da sola. Che con me hai vita breve, perché sono ancora peggio… a meno che tu non abbia ragione. E lei sbaglia poco, poco, poco. Ed è sempre lei a proporre il brand il 7 febbraio scorso, memore dell’esperienza di Terre Di Romagna, in una riflessione che desse una pronta risposta al Food Brand Marche, presentato in tempo per Expo 2015. Lo stesso giorno l’advisor Lorenzo Tersi, uno che vede le cose prima, parla di diversificazioni del brand, puntando anche sul turismo. Per un mese l’idea tiene banco: i giornali e gli opinionisti come Davide Buratti su RomagnaPost hanno una loro idea, si muove Magni di PrimaPagina per la comunicazione, Piraccini di Orogel parla di e-commerce, ConfCooperative vorrebbe coinvolgere l’ente Fiera, Zambianchi c’è.
In seno alla Camera di Commercio l’idea matura in un paio di tavoli, come alla Settimana Del Buon Vivere 2015, poi si volatilizza… In realtà cambia solamente nursery e viene cullata a Roma.
… fino a che ‘Cap’ Corrado Augusto Patrignani a Vox Populi qualche giorno fa non si mette alla testa di un nuovo movimento brandizzante, con la benedizione dell’on. Sandro Gozi, che il Brand Romagna lo ha sempre coltivato, anche in forza dell’amicizia e del rapporto stretto intessuto proprio con il già citato Tersi: la ‘culla’ romana, appunto.
“Siamo in buone mani e spero che il presidente Patrignani, ideatore del Brand Romagna, abbia tutto il sostegno che deve avere, non solo morale ma anche politico” (on. S. Gozi a Vox Populi, 4 marzo 2016)
Il sostegno politico invocato da Gozi c’è già, basta tornare con la mente al 23 febbraio 2015, quando lo stesso sindaco di Cesena Paolo Lucchi si era fatto promoter politico di questa iniziativa.
Quindi l’appoggio politico c’è. Le infrastrutture ci sono. Gli enti ci sono, e il ‘flacone’ Fiera di Cesena non potrebbe essere più adatto. Se nel 2015 c’erano gli stakeholder ci saranno anche oggi. Ora serve fare una mappa dei brand di Romagna, perché altri stanno portando avanti questa idea. Che stia a ‘Cap’, ultimo ‘padre’ dell’iniziativa, mappare le risorse e metterle veramente al tavolo di dialogo?
MAPPE DI ROMAGNE
Brand di Romagna. O di Romagne.
Tante Romagne. Troppe Romagne, per certi aspetti. Mai abbastanza, per altri. La Romagna della moda calzaturiera, del food, del wellness, del turismo – quella di cui si fa accenno anche a Vox Populi –, tutte viste come se fossero elementi disgregati l’uno dall’altro quando in realtà dovrebbero essere tutti raccolti sotto un unico ‘ombrello’ di opportunità. E tanti brand.
Come il modello di esportazione turistico ROMAGNA presentato dal Presidente della Regione Bonaccini a Rimini il 26 febbraio scorso, che ritorna ad aggredire il mercato tedesco, arrivando a studiare linee ferroviarie dirette Rimini-Monaco. Ecco allora il tema del viaggio, qualcosa sottovalutato forse da chi continua a stracciarsi le vesti per lo spostamento di Macfrut da Cesena a Rimini senza considerare la logistica degli spostamenti nel 2016. E allora ben venga la proposta di immagine alla Germania, con tanto di sito in tedesco dedicato, ma poi si inizi a guardare ai mercati dell’Est, con analoghe proposte sull’internet in polacco, russo, cinese e giapponese.
Una questione di spostamenti, di coordinamento… e di Regione, che ultimamente sembra muoversi apparentemente ‘slegata’ da certe dinamiche territoriali dell’entroterra.
La differenza, almeno rispetto a un anno fa, è che la causa del Brand Romagna è stata sposata da un network forte come TeleRomagna e da un giornale altrettanto forte come Il Resto Del Carlino, e quindi anche la visibilità verso l’opinione pubblica ne risulta decuplicata…
Ecco allora che questa diventa la tempesta perfetta da sfuttare, partendo magari proprio dal territorio cesenate. Insieme.
Perché se un’idea è buona, non importa tanto chi se ne prenderà la paternità.
© Gian Piero Travini