Cesena Curcio Coscienza Parallela

o-CURCIO-facebook copia

“Ha fatto quasi 30 anni di galera, è uno dei pochi ad aver pagato per ciò che ha fatto” (F. Biagioli su Renato Curcio, Il Resto del Carlino, 22/07/2016)

Questa sera, al circolo Arci Magazzino Parallelo di Cesena, Renato Curcio leggerà il libro che ha pubblicato nel 2015, L’impero virtuale sul tema della colonizzazione e del controllo digitale.
L’opinionista e digital influencer locale Fabrizio Faggiotto, dal gruppo La Cesena che vorremmo, si è interrogato questa mattina sulla “leggera inopportunità di tale iniziativa.

IPERREALTÀ DELLA NORMALITÀ
La dichiarazione di Francesco ‘Biagino’ Biagioli sulle motivazioni dell’invito a Curcio e la sua ‘difesa’ all’evento sono un autogol clamoroso mediatico e concettuale: aver fatto 24 anni di galera non dà diritto di parola. Non è un valore aggiunto. Essere un ESSERE UMANO dà diritto di parola, in un libero stato di diritto: semplicemente. Aver pagato per un reato commesso non eleva rispetto a chi non ha pagato, semplicemente riporta ad uno stato di normalità – purtroppo questo messaggio, nel Terzo mondo in cui viviamo, non passa, e spesso la “normalità” diviene “straordinarietà” e quindi 20150321184722!Curcio_processo copiaviene esaltata –, forse con un po’ di coscienza in più di se stessi, dato che si è vissuti forzosamente per anni filtrati da altri.

A questo punto si torna alla questione di merito dell’azione principale cui dovrebbe portare un sistema carcerario: non dovrebbe nobilitare, non dovrebbe ripulire, non dovrebbe punire. Non primariamente. Primariamente dovrebbe reinserirti nella società. Anche attraverso il castigo, è evidente.
Nel momento in cui viene scontata la pena, per quello che mi riguarda, si dovrebbe essere abili al reinserimento in società. Reinserimento che potrebbe prevedere anche una lezione sulla comunicazione digitale globale e i suoi pericoli. Dopotutto Curcio viene da quel campo di studi, peraltro in un’Università che era all’avanguardia in quel periodo: un concetto che ritornerà in seguito.
Detto questo, a domanda, rispondo.
Q: “Non vi sembra leggermente inopportuno?”.
A: “No”.

PERSONE v. CONTENUTI
Uno ha libertà di scelta: se è interessato ci va, se non è interessato – per qualsiasi motivo, fosse anche di pregiudiziale politica –, no.
Altra questione è un’analisi delle persone e delle ragioni che gravitano e decidono intorno alla realtà del Magazzino Parallelo… ma non credo dovrebbe essere una discrimine il processo alle intenzioni: non prima di aver valutato il prodotto. Fosse così dovrei togliere il saluto a chiunque collabori con realtà che non considero limpide rispetto alla mia considerazione. Ma il mio primo pensiero corre sempre ai contenuti prodotti.

Perché, in ultima battuta, è questo che bisognerebbe cercare: contenuti.
E penso che Curcio possa darne.
Scevro dalla sua storia umana e personale, che non mi affascina, non mi impressiona e, anzi, mi mette solo grande tristezza e pietà addosso pensando a Giralucci e Mazzola – rabbia no, credo si esaurisca proprio nel momento in cui si esaurisce il suo processo di riabilitazione, perché ho accetto lo stato di diritto, le sue regole e i suoi percorsi –, Curcio sa di cosa sta parlando, e lo dimostra da anni.

COMPROMESSI
Si sceglie se quel contenuto va preso, oppure no. Ma non credo se ne possa discutere la sua opportunità o meno. Non senza essere scesi a compromessi con la storia di quegli anni. Non senza aver cercato di capire il momento storico-politico e lo scenario e il tessuto sociale in cui Curcio si muoveva.
Francesco Cossiga nel ’91 aveva introdotto un dibattito importantissimo, come al solito con metodologie sbagliate e quindi svalutandolo, ma che è sempre stato il cardine della sua Presidenza: a un certo punto dobbiamo confrontarci con il nostro passato storico, politico e intellettuale e fronteggiarlo (e in tal senso sarebbe da rileggere la sua proposta di nuova Costituente, e proprio in questi giorni sensibili bisognerebbe riconsiderarne l’opportunità). Ora, lui proponeva la grazia per Curcio – peraltro con termini completamente extracostituzionali e seminando un casino politico incredibile come solo lui sapeva fare –, ma al di là dell’inopportunità – che è come tale perché si profila empirica andando contro la Costituzione, in quel caso, e per questo “inopportuna” quando proposta da un Presidente della Repubblica, giusto per riconsiderare i concetti di opportunità e inopportunità –, il problema posto rimane: fare pace con il nostro passato.

PASSO SUCCESSIVO
Poi mi guardo intorno. Chiudo gli occhi. Ascolto chi parla. Apro gli occhi. Chiudo le orecchie. Leggo chi scrive. Non voglio distrazioni.

“Curcio non pensava certo al terrorismo quando era qui. Perlomeno, non essendoci la telepatia, nessuno aveva modo di supporlo. Io poi non lo ricordo nemmeno” (F. Alberoni, La Repubblica, 28 aprile 1984)

E mi viene in mente il prof. Francesco Alberoni che sostiene da sempre di non essersi accorto del ’68 perché Curcio avrebbe avuto “una faccia iimage copia.jpgnterna che mostrava il meno possibile”, dunque difficilmente intelleggibile durante gli anni del suo rettorato a Trento. Questo mentre il ragazzo sgambettava i professori dalle scale e appendeva striscioni in facoltà sulla S O C I O L O G I A un anno prima che lui arrivasse a
governarla. Evidentemente Alberoni non era al corrente dei gruppi di studio di Università Negativa dove si studiava il marxismo di Raniero Panzieri e tante altre cose che, ora, definiremmo indie.
Ecco. Io ho sempre pensato questa cosa.“Delle due, l’una” [cit.]: o Alberoni è stato molto distratto, o abbiamo una dissennata tendenza a farci prendere in giro.

Distinguiamo i nemici, forse.
E non ce ne dimentichiamo, senza dubbio.
Forse sarebbe ora di imparare a riconoscere i falsi amici.

© Gian Piero Travini

Contrassegnato da tag , , , , , , , , , , , , , ,

Lascia un commento